Una playlist suggerita da due lunghissimi articoli pubblicati su Dummy Magazine da Adam Harper (qui il primo: ). Il critico musicale inglese parla di arte pop nella piazza virtuale contemporanea.
I nomi che escono possono essere ascritti alla scena vaporwave, gioco di parole che prende il nome vaporware inglese (parola che indica i prodotti informatici che vengono annunciati e non realizzati) e il termine wave. Praticamente degli artisti che cercano di analizzare con le loro opere il mondo capitalistico in cui viviamo e che nel contempo sono intrisi nella decadenza post-2010. Critica, sarcasmo o wit intellettual/nerdy?
La differenza con il glo-fi o hypnagogic pop è sottile. Il primo prendeva il trash dei 70/80, la vaporwave prende il materiale sconosciuto del 90 e lo attualizza con tool produttivi che lo fanno sembrare attuale. Dal lo-fi all’hi-fi mutato per le orecchie post-millennial. Come i non-luoghi descritti da Marc Augé, stiamo assistendo ad una produzione di non-musica? Giudicate da voi.
La seconda tag dei due articoli è per il movimento distroid (mix di disturbino e android). I tools solo gli stessi, solo che gli artisti preferiscono vedere nelle loro musiche un mondo più vicino alla dance cupa e al cyberpunk. A voi l’ascolto.
Teeel – Triangle Waves
Vektroid – Seafoam Island
C V L T S – Angel Chromosome
The Alps – Easy Action
Outer Limitz – I Kontact
Fatima Al Qadiri – Vatican Vibes
Gatekeeper – Bog
Jam City – How We Relate to the Body
Death Grips – Get Got
James Ferraro – Palm Trees, Wi-Fi and Dream Sushi
Compiled by Marco Braggion