Il modo di operare di Lorenzo Ghelardini può essere definito parafrasando un popolare detto democratico: arte significa partecipazione.
La sua formazione è molto ricca e strutturata, frutto di corsi tenuti da grandi esperti (quali il pittore F. Paoli e lo scultore F. Franchi), una laurea in beni culturali e un’altra in arti visive. Negli anni ha partecipato a diverse collaborazioni con associazioni culturali, concorsi e mostre sia personali che collettive in città come Bologna, Firenze, Lugano e Venezia. Le sue opere sono caratterizzate da una fusione tra diverse tecniche: dalla pittura al fumetto, dalla fotografia allo stencil. Con molte di esse, inoltre, lo spettatore è invitato ad interagire, dando un valore aggiunto e contenuti ulteriori all’opera stessa.
In molte delle tue installazioni cerchi un’interazione con lo spettatore. Cerchi uno scambio diretto o vuoi comunicare qualcosa di preciso?
Entrambe: la comunicazione del concetto di esistenza in relazione a qualcuno (o qualcosa), principio fondante di quei miei lavori “partecipativi”, è dovuta necessariamente al rapporto diretto con lo spettatore.
Nel tuo modo di operare utilizzi diverse tecniche e metodi di comunicazione, ce n’è però uno con cui pensi di riuscire ad esprimerti al meglio?
Punto dolente. Pur cercando soluzioni definitive a livelo stilistico, tendo ad amare di volta in volta tecniche differenti, senza riuscire a dare priorità. Forse il collage, forse il disegno.
Hai degli artisti di riferimento?
In verità tutta la storia dell’arte è per me fonte di inspirazione. Venendo però a giorni più vicini a noi le mie basi si ritrovano certamente nella pop art, nel neo espressionismo e nella street art.
Tra tutti i tuoi progetti, quale è quello che consideri il più soddisfacente? Qual’è stato invece il più difficile da compiersi?
Il più soddisfacente sicuramente ID. Show, dove la partecipazione si eleva a co-creazione per la formazione identitaria. Ma anche lavori non interattivi, puramente visivi, come alcuni recenti collage (digitali) con inserti materici. Il più difficile a venire alla luce è quello su cui sto lavorando da inizio anno… non ne sto uscendo! Ma non dico niente per scaramanzia.
Analizzando la tua produzione e il tuo modo di operare la risposta sembra quasi retorica, ma tutte le tue opere hanno un messaggio o ti è capitato di produrre qualcosa per il puro gusto di farlo?
Il gusto nel farlo è condicio sine qua non per l’ineluttabile trasmissione del messaggio.
Andrea Tata
Sabato 16 marzo 2013 @ WOMADE #6
CHIOSTRI di SAN BARNABA – Via San Barnaba 48, MILANO (P.ta Romana)